giovedì 13 novembre 2014

Un pomeriggio estivo

Ma guarda come giocano
pigramente le lunghe tende blu:
chi le allontana e poi le richiama
è un sospiro, lieve
in un pesante pomeriggio estivo.

Guarda come le onde di ombra, di luce
s'accavallano sul marmo:
chi le sospinge e poi le richiama
è un alito, cortese
in un caldo pomeriggio estivo.

Guarda come sta dormendo
Sergio sul lavoro che doveva:
chi l'ha assopito e non lo richiama
è un soffio, tranquillo
in un quieto pomeriggio estivo.

4 commenti:

  1. Nell'estate del 1977 pensai di raccogliere su un'agenda quei versi che scrivevo da tempo e la prima poesia fu proprio "Un pomeriggio estivo", che era ambientata nel cucinino della casa della mia adolescenza.
    L'afa di giugno allora si faceva sentire e sotto il sole ardente aumentava ora dopo ora la canicola: dopo pranzo la mamma, vedova da un anno, sparecchiava velocemente e dopo aver lavato i due nostri piatti e il pentolino della pastasciutta andava a coricarsi per un'oretta. Io restavo nella casa ad ascoltare invece la musica del silenzio in una specie di dormiveglia e in quella zona di confine tra l'essere desto ed il dormire osservavo rapito ogni piccola cosa...
    Ed ecco entrare in scena da protagoniste le lunghe tende blu del cucinotto o meglio del "cucinino", tanto era piccola la cucina, già tende "magiche" che iniziano a giocare con un sospiro di vento, forse un alito, meno di un soffio, che le allontana, le richiama in una danza incantata.
    Sergio doveva iniziare un lavoretto, magari aggiustare la sdraio, ma si lascia rapire dalle fate sognanti, dalle lunghe tende blu che lo asseriscono "in un quieto pomeriggio estivo"...

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    1. ERRATA CORRIGE:

      Nell'ultima riga del mio commento bisogna sostituire "asseriscono" con "assopiscono", scusate ma un automatismo idiota della videoscrittura si permette di cambiare quello che scrivo... robe da matti!

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  2. Caro Sergio,
    anch'io nella mia giovinezza e prima di me il tanti altri compreso il buon Giovannino Pascoli abbiamo goduto del fascino dei meriggi estivi.
    "Oh! Foss'io teco; e perderci nel verde,
    e di tra olmi nido alle ghiandaie,
    gettarci l'urlo che lungi si perde
    dentro il meridiano ozio dell'aie."
    Così scriveva in "Romagna" uno dei "nostri" poeti preferiti.
    E a questo punto voglio trasmetterti quanto scrivevo alcuni anni fa riguardo all'argomento.
    "Ci lanciavamo di corsa tra le vigne, tra il levarsi nero degli storni, che approfittavano della quiete per planare sulla vigna in cerca dei primi acini che si inturgidivano al sole e, urlando al cielo la nostra gioia e sollevando nuvole di polvere calda dallo stradello, ci tuffavamo nell'ansito caldo dell'estate, la nostra estate. La meta preferita era "el bögn del Muscatì", una cavità del Tornapasso dove l’acqua era abbastanza profonda da permetterci di nuotare per qualche bracciata. Ci gettavamo in acqua dalla sponda del ruscello facendo sloggiare le anatre che cercavano di contenderci il meriggio guazzando flemmatiche nell'ombra delle frondose ceppaie di platani."
    Il fascino del meriggio nella nostra afosa pianura ha incantato tante generazioni.

    Con affetto
    Eros


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  3. Ci si divertiva senza andare al mare, bastavano i fossi in campagna...
    Le lunghissime giornate estive venivano vissute da noi ragazzi fino all'ultimo respiro e mia madre prudentemente mi obbligava a stare in casa sino alle tre del pomeriggio, dopo mangiato mentre lei faceva il consueto riposino...
    In quel magico intervallo fantasticavo di mondi lontani che sembravano apparire tra le ondeggianti tende blu della cucina.

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